Digiuno intermittente


Nella nostra società i casi di digiuno prolungato dovuti ad assenza di cibo sono estremamente rari, la privazione alimentare volontaria viene spesso intrapresa per motivazioni politiche, sociali o religiose.

Per affrontare un argomento come il digiuno intermittente vogliamo brevemente spiegare cos’è il digiuno e cosa avviene nel nostro corpo quando questo stato perdura per un periodo prolungato.

Nella nostra società i casi di digiuno prolungato dovuti ad assenza di cibo sono estremamente rari, la privazione alimentare volontaria viene spesso intrapresa per motivazioni politiche, sociali o religiose.

Dal momento che l’uomo può sopravvivere al digiuno assoluto per circa 24-30 giorni, la risposta fisiologica dell’organismo a tale privazione può essere distinta in 4 fasi, rispettivamente chiamate:

  1. Periodo post assorbimento
  2. Digiuno breve
  3. Digiuno medio
  4. Digiuno prolungato e morte
Cos’è il digiuno e cosa avviene nel nostro corpo
Cos’è il digiuno e cosa avviene nel nostro corpo

1. Periodo post assorbimento

Questa fase è la prima che affrontiamo e insorge qualche ora dopo l’ultima assunzione di cibo, non appena gli alimenti introdotti nell’ultimo pasto sono stati completamente assorbiti dall’intestino tenue.

È anche una fase che molte persone sono abituate a sopportare senza problemi anche solo tra un pasto e l’altro.

2. Digiuno di breve durata

Nelle prime 24 ore di privazione alimentare, il metabolismo è sostenuto dall’ossidazione dei trigliceridi e del glucosio depositato nel fegato sotto forma di glicogeno.

Con il passare del tempo, vista la modesta entità delle scorte di glicogeno epatico, la gran parte dei tessuti (muscolo, cuore, rene ecc.) si adatta ad utilizzare principalmente acidi grassi, risparmiando glucosio.

Quest’ultimo verrà destinato soprattutto al cervello e ai tessuti anaerobici come i globuli rossi che, per “sopravvivere”, hanno assoluto bisogno di glucosio (non possono, infatti, utilizzare gli acidi grassi a scopo energetico).

In simili condizioni le richieste cerebrali di glucosio ammontano a 4 g/ora, mentre quelle dei tessuti anaerobici si attestano a 1,5 g/ora.

Dal momento che il fegato non riesce a ricavare dalla glicogenolisi più di 3 g di glucosio all’ora, è costretto ad attivare una via metabolica “di emergenza”, chiamata gluconeogenesi.

Tale processo consiste nella produzione di glucosio a partire dagli aminoacidi.

3. Digiuno di media durata

Qualora la privazione alimentare si prolunghi oltre le 24 ore l’azione descritta nella fase di adattamento prosegue con una progressiva accentuazione della gluconeogenesi.

Gli amminoacidi necessari a soddisfare tale processo derivano dalla degradazione delle proteine muscolari.

Dal momento che nell’organismo non esistono depositi proteici da utilizzare a scopo energetico, il corpo, pur di sopravvivere al digiuno, è quindi costretto a “cannibalizzare” i propri muscoli.

Tale processo, che prende anche il nome di catabolismo, si accompagna ad una inevitabile riduzione della massa muscolare, con conseguente comparsa di debolezza ed apatia.

4. Digiuno prolungato e morte

Questa fase inizia quando il digiuno perdura oltre il 24° giorno: il corpo ha ormai sfruttato tutte le risorse proteiche.

Il cocktail tra chetosi, abbattimento delle difese immunitarie, disidratazione e ridotta efficienza respiratoria (data dal catabolismo delle proteine del diaframma e dei muscoli intercostali) condanna l’individuo alla morte.

Molte persone sono abituate a sopportare il periodo post assorbimento
Molte persone sono abituate a sopportare il periodo post assorbimento

Il digiuno intermittente

Un digiuno è tale quando volontariamente si posticipa l’ingestione di cibo. Il digiuno può avere diverse durate e può essere organizzato in modo diverso.

Oggi come oggi si è arrivati a usare questo strumento come risorsa per contrastare una costante disponibilità di cibo che supera di gran lunga i nostri bisogni fisiologici.

Esistono varie metodologie di digiuno intermittente, che a differenza del digiuno prolungato, come suggerisce il suo nome, è caratterizzato da fasi più o meno prolungate di digiuno alle quali si alternano finestre di tempo durante le quali ci si nutre regolarmente.

Tra le più diffuse esistono:

  • Digiuno intermittente 16/8: tutti i pasti vengono fatti in un periodo di 8 ore e si digiuna nelle 16 ore rimanenti.
  • Digiuno 20/4: in questo caso l’intervallo di tempo in cui vengono ingeriti gli alimenti è di 4 ore e nelle 20 ore restanti non si ingerisce nulla di solido.
    Per esempio, si dovrebbe mangiare tra le 14 e le 18 e poi digiunare fino alle 14 del giorno dopo.
  • Digiuno notturno: consiste nel cenare molto presto (prima delle 20), smettere di ingerire alimenti per tutta la notte e poi posticipare la colazione fino alle 11 della mattina, per esempio. Questo è il modo più facile per riuscire a digiunare 15 ore di seguito senza patire la fame.

 

Digiuno: fa bene o fa male?

Molte persone ricorrono al digiuno spinte da mode, pubblicità o convinzioni alimentari e salutistiche perlomeno discutibili.

L’astinenza volontaria dall’assunzione di cibo viene intesa, in questi casi, come momento di purificazione fisica, volta all’eliminazione delle tossine accumulate a causa di un errato regime alimentare.

Per analizzare la questione, possiamo partire da due presupposti.

  1. Il primo è che abbiamo a disposizione cibo in abbondanza, un cibo ipercalorico che spesso sta alla base dell’obesità; in poche parole, mangiamo troppo e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: eccessi alimentari e sedentarietà sono tra le primissime cause di morte nei Paesi industrializzati, Italia compresa.
  2. Il secondo punto è che un’alimentazione moderatamente ipocalorica, riassumibile nel detto Giapponese “hara hachi bu” (alzati da tavola con la pancia piena all’80%), è una delle migliori strategie per vivere più a lungo e in salute.

È bene tenere in considerazione il fatto che il digiuno, similmente all’attività fisica, è uno stress per l’organismo.

La differenza è che, mentre lo sport porta ad un miglioramento delle capacità organiche, il digiuno si muove in direzione contraria.

La mancata e prolungata assunzione di nutrienti riduce le masse muscolari e il metabolismo basale (fino al 40% nei casi estremi), la mente si annebbia ed insorge uno stato globale di debilitazione, caratterizzato da diminuzione della forza muscolare e della capacità di concentrazione.

Tutto ciò non ha nulla di terapeutico o di disintossicante.

Il digiuno intermittente si pone l’obiettivo di apportare al nostro corpo i benefici di questa pratica cercando di limitarne gli effetti negativi.

L’idea alla base del digiuno intermittente è quella di sfruttare il processo della chetosi per aumentare il metabolismo e favorire l’eliminazione delle tossine.

In ogni caso è necessario fare attenzione alle sensazioni che il nostro corpo ci restituisce, anche perché ognuno di noi viene da situazioni differenti e ha una storia diversa da tutti gli altri che deve essere presa in considerazione.

Una persona può anche avere difficoltà a gestire la sensazione di fame e l’irritabilità che possono manifestarsi nelle prime settimane, sia durante una dieta ipocalorica sia durante una fase di digiuno, che sia intermittente o più prolungata.

Il digiuno può avere diverse durate e può essere organizzato in modo diverso
Il digiuno può avere diverse durate e può essere organizzato in modo diverso

Per questo motivo, come sempre, quando ci si mette a dieta è fondamentale essere seguiti da uno specialista esperto.

Questo anche perché, pur non trattandosi di un digiuno vero e proprio, un simile regime alimentare non è adatto a tutti e non è raccomandabile, per esempio, ai bambini, ai ragazzi in fase in crescita, alle donne in gravidanza, agli anziani e alle persone alle prese con una malattia cronica. E va in ogni caso seguito per un periodo limitato di tempo.

Un errore in cui molti inciampano e che spesso addirittura vanifica qualsiasi intenzione ci abbia spinto verso un digiuno intermittente, è quello di abbuffarsi durante la finestra di tempo adibita alla nutrizione, finendo con il peggiorare addirittura la situazione di partenza.

Non abbiamo bisogno di mangiare molto: il nostro corpo è geneticamente adattato alla scarsità di cibo che di conseguenza ci ha sempre fatto vivere finestre più o meno prolungate di digiuno.

Da quando esiste, l’essere umano ha sempre patito la fame, fino a pochi decenni fa, mentre ora possiamo aprire un cassetto e trovare qualcosa da mangiare, un tempo si doveva sempre fare uno sforzo per trovare del cibo.

I nostri geni continuano ad essere quelli di una volta (in pochi decenni non ci siamo ancora adattati a “non patire la fame”). Ecco perché il nostro corpo è già preparato e può sopportare un digiuno.

Normalmente prima, quando già potevamo trovare qualcosa da mangiare, si facevano digiuni di 16-24 ore.

Pensa per un momento alla differenza che c’è tra lo stare 1 giorno intero senza mangiare, una volta ogni tanto, e la tendenza attuale che ci obbliga a mangiare ogni 3 ore o a mangiare fino a 5 o 6 volte al giorno, costantemente.

Con il nostro attuale stile di vita non abbiamo bisogno di tanto cibo; il corpo umano è fatto per sopravvivere e per mantenersi sano con meno cibo e soprattutto con più movimento.

Eliminazione delle tossine

Ogni giorno dobbiamo far fronte all’assorbimento delle tossine presenti nell’aria che respiriamo, negli alimenti che mangiamo, nei cosmetici che usiamo, ecc. ecc.

I periodi di digiuno, effettivamente, permettono all’organismo di liberarsi delle tossine accumulate in modo naturale.

Vari studi hanno inoltre dimostrato che questo tipo di restrizione calorica migliora il sistema immunitario e riduce le infiammazioni. Migliora anche la salute digestiva dato che potenzia la funzione del pancreas e degli intestini.

Gli studi hanno collegato il digiuno intermittente a una serie di benefici per la salute, tra cui:

  • Perdita di peso
  • Diminuzione dei fattori di rischio delle malattie cardiache
  • Pressione sanguigna bassa
  • Migliore sensibilità all’insulina
  • Riduzione dei marker di stress ossidativo
  • Miglioramento del controllo della glicemia

Sebbene il digiuno intermittente sia generalmente considerato sicuro, gli studi dimostrano che può provocare effetti collaterali, tra cui:

  • Fame
  • Costipazione
  • Irritabilità
  • Mal di testa
  • Alitosi
  • Prurito della pelle
  • Brufoli

Il fatto che molte persone trovino benefici in un regime di digiuno intermittente non vuol dire che tutti ne beneficiano allo stesso modo.

Se questa pratica ha l’obiettivo di eliminare le tossine in eccesso e assumere meno calorie, lo stesso risultato lo si ottiene semplicemente imparando come mangiare in maniera migliore e più consapevolmente.

Il digiuno intermittente non può quindi essere la soluzione “estrema” per mettere un cerotto su una ferita aperta.

Non si può fare un digiuno intermittente se nelle 8 ore in cui ci si nutre, si ingeriscono alimenti non adatti al nostro corpo o addirittura si abbinano alimenti non compatibili tra loro.

Il nostro invito è quello di provare a informarsi maggiormente sul cibo, anteponendo la conoscenza di cosa è bene per il nostro corpo a qualsiasi test con fasi di digiuno o diete ipocaloriche.